Note di regia: Il ratto di Proserpina

Antichissima divinità della Terra e dell’aldilà, Proserpina (o Persefone per i Greci) viene rapita da Plutone (Ade) e in seguito restituita a Cerere (Demetra), la Madre Terra. Essa simboleggia il mistero della vita e della natura che rifiorisce dopo la stagione invernale, nel rigoglio della primavera e dell’estate. Proserpina è una divinità legata al mondo rurale e all’oltretomba; il suo culto è antichissimo: in molti luoghi del Mediterraneo viene invocata come «signora dell’oltretomba» o come «la pura». Dall’età arcaica, in Grecia, viene collegata al culto e ai miti che riguardano la madre Cerere, la dea primigenia dell’agricoltura: Proserpina diviene allora la kòre, la «fanciulla», la «figlia» della dea. Le due divinità sono conosciute come “coppia divina” e sono tra le protagoniste di una delle esperienze religiose più affascinanti e singolari dell’antica Grecia: I misteri eleusini. Nelle cerimonie dei misteri eleusini si rievocava il rapimento della fanciulla da parte di Plutone, dio dei morti. Ed è proprio ai misteri che mi sono ispirata per la creazione di questo testo poetico – una drammaturgia originale rielaborata dai testi di Omero, Ovidio, Claudiano, Tennyson e Ritsos – per condurre lo spettatore insieme a Proserpina in un viaggio iniziatico attraverso gli Inferi per tornare poi alla vita sulla terra, a ogni arrivo della primavera. Non tutti sanno che le vicende del ratto di Proserpina si snodano in terra di Sicilia ed è proprio per la stretta connessione che questo mito ha con la Sicilia che si è scelto di metterlo in scena al Teatro Antico di Catania. Ma per capire l’importanza di rappresentare questo mito oggi, bisogna pensare ai suoi significati più profondi. Proserpina è una divinità ambivalente, quasi sdoppiata tra il mondo del sole, della campagna, dei lavori agricoli, e quello delle tenebre, dell’oltretomba, della vita dopo la morte. Già nell’antichità il mito del suo rapimento veniva interpretato simbolicamente come l’alternarsi della stagione estiva con quella invernale: nei quattro mesi invernali Persefone dimora sotto terra, e insieme a lei dorme il mondo della natura; ma quando la dea risale alla luce del sole, nella stagione della primavera e dell’estate, i germogli ritornano e il grano matura. E’ una creatura che si ciba nelle profondità del sottosuolo per tramutarsi, in superficie, in nuovo nutrimento. Il melograno diviene il simbolo della giovane dea, partecipe di due mondi e di due nature, sospesa, perché, come dice Claudiano, “in nessun luogo è Proserpina”. Divinità del limite, il suo carattere metamorfico risiede proprio nel suo esserci e nel suo contemporaneo non esserci, la direzione a cui viene costretta non è quella orizzontale del divenire terreno ma quella verticale della discesa e della risalita, tra luce e oscurità. La larga diffusione di questo mito e le sue molteplici variazioni ne mostrano il carattere di archetipo. Il ratto della fanciulla può divenire metafora dell’evoluzione femminile, dalla condizione di figlia e vergine a quella di sposa. E secondo una lettura antropologica, il chicco di grano di Persefone e la spiga matura di Demetra simboleggiano la continuità della specie umana nel tempo. Il mito, ricondotto all’idea del divenire e della metamorfosi, ci parla della morte come atto finale e necessario di ogni percorso vitale, perché la vita possa nuovamente mostrarsi sotto altre spoglie, quindi si tratta di una morte simbolica e non definitiva. In conclusione, ispirandosi alla tradizione antica e mitologica, con questo spettacolo desidero condurre gli spettatori in un’esperienza che parla di vita, morte e rinascita, che ci parla del dolore e dell’accettazione della nostra condizione umana.
La messa in scena ritorna nell’Edizione 2023 dopo il grande successo di pubblico e critica avuto durante l’Amenanos Festival 2022.
L’attrice Alessandra Salamida, Proserpina, ha curato la drammaturgia creando un copione inedito ed originale che ha saputo ripercorrere i punti fondamentali del Mito attingendo dai grandi Padri della lettura mondiale, rispettando la classicità e al tempo stesso guardando in maniera delicata alla contemporaneità, grazie ad innovazioni sonore che non hanno stravolto il testo bensì potenziato la carica emotiva.
Lo spettacolo è un risveglio dei sensi che ha emozionato il pubblico che a grande richiesta ha voluto la riproposizione.
Regia Alessandra Salamida e Cinzia Maccagnano