Note di regia: Prometheus

Prometeo ladro del fuoco, nemico degli dei, Prometeo amico degli uomini, portatore di luce, Prometeo vittima e colpevole, creatura del passato e del futuro. Prometeo il tracotante. In una terra desolata, in un tempo mitico, in cui la realtà è dominata dai Titani, in cui gli dei determinano i destini del tempo e dello spazio, Prometeo osa opporsi a Zeus, il nuovo dio assoluto. Lo scontro fra Prometeo e Zeus è spaventoso, inimmaginabile.

E’ una vera crisi sacrificale. Proprio come Cristo, Prometeo soffre a causa degli uomini, proprio come lui subisce una punizione esemplare ed ingiusta.

Zeus è per il radicale annientamento del genere umano, della razza degli effimeri, parassiti insignificanti, mentre Prometeo, attraverso il dono del fuoco, vuole donare loro una possibilità. Il fuoco è la scintilla divina che rende tutto possibile, che illumina la via.

Il mito di Prometeo parla di noi, della condizione umana, della sua labilità, della sua duplicità, della sua ambivalenza e ci ricorda che il senso ultimo della nostra condizione è proprio il fatto di essere effimeri. L’illusione dell’identità, l’illusione dell’Io, il desiderio di unicità, la volontà di determinare il destino, di controllare gli elementi, crollano di fronte al mondo degli dei.

L’uomo di oggi si interroga su questioni fondamentali: esisterà un futuro per la vita umana oppure davanti a noi vi è solo una prospettiva catastrofica? Che ruolo giocheranno la scienza e la tecnologia in questa catastrofe, oggi viste esclusivamente come luce del futuro? Quale tributo si pagherà al progresso? La perdita della memoria e dell’identità? La degradazione dei valori e la trasformazione inesorabile in

consumatori/consumati?

Come si ripropone oggi, in tempi così difficili di intolleranza, razzismo e

fondamentalismo, il tema del rapporto fra l’umano e divino?

Prometeo è l’eroe del confine, della mediazione fra questi due mondi, così diversi.

Terribile cosa è l’uomo. Ancor più terribile il mondo degli dei.

Un grande maestro diceva che i testi antichi sono come segnali provenienti da stelle luminose ormai scomparse. Attualizzare questi testi e cercare a tutti i costi un rapporto diretto è come chiudere gli occhi sulla nostra contemporaneità. In questo momento di perdita di valori e di ideali, di degradazione e superficialità assoluta, di mancanza di dei e Titani, di incolmabile tracotanza umana, è assolutamente necessario confrontarsi con la parola antica, tentare di decifrare il riverbero luminoso proveniente da quelle stelle ormai scomparse, fermarsi sul ciglio della voragine, attendere, guardare la luce e riflettere sui nostri destini futuri. Per un istante.

Solo per un istante.

Daniele Salvo